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martedì 8 giugno 2010

BOCCIATURA DELLA CENTRALE A BIOMASSE DI CAVALLINO(LE)


Mai più altre Copersalento nel territorio!

Il “Forum Ambiente Salute” ringrazia la gente del Salento e condanna la sua attuale classe dirigente gravemente non all’altezza della maggiore cultura, saggezza e forte sensibilità ecologista dell’intero territorio!

Basta con l'aberrante "IDEOLOGIA DELL'ENERGIA" in Puglia!


Il Forum Ambiente e Salute esprime grande soddisfazione e ringrazia le centinaia di persone senza il cui grido, di fermo “No”, non si sarebbe facilmente giunti a questo importante risultato nella storia della terra salentina: la bocciatura della pazzesca mega-centrale a biomasse di Cavallino oleose che avrebbe portato inquinamento nel Salento e danni irreparabili alla foresta tropicale e alle genti del terzo mondo! «Come un fulmine d’una tempesta atteso nella siccità, che annuncia la pioggia agognata, così le tante persone, che si sono e si stanno ritrovando nel Forum Ambiente e Salute, hanno accolto con grande gioia e speranza l’annuncio del parere, sfavorevole, espresso da Arpa, Asl e Provincia di Lecce contro il progetto d’una centrale a biomasse da 37 MW in feudo di Cavallino, – dice Oreste Caroppo del direttivo del Forum, che continua, - si sono espressi pareri sfavorevoli per carenze progettuali dell’impianto, e questo ha salvato i cittadini del Salento da un'altra grave fonte di inquinamento, che si stava per addizionare alle tante già presenti e contro cui il Forum, con decine di comitati e associazioni, si sta battendo. Ma ci chiediamo oggi: se la presentazione del progetto fosse stata meglio supportata da studi e belle promesse di mitigazione dell’impatto ambientale e di stretto monitoraggio degli inquinanti emessi, cosa sarebbe accaduto? Gli enti tecnici di provincia e regione avrebbero dovuto esprimere parere favorevole, e i cittadini sarebbero stati ugualmente vittime di una burocrazia acefala e meccanicista. Da qui la critica forte, a 360°, senza distinzioni di colore politico e distinzioni di campanile, si solleva alle oltre cento amministrazioni comunali del Grande Salento, dove siamo certi, o vogliamo sperare, vi siano comunque, lontani dai riflettori, micro-esempi positivi, e così alle province e alla Regione: è in corso un fenomeno di grave svendita del territorio, dei suoi valori preesistenti ed ereditari del Salento, da parte di tanti amministratori, per un piatto di lenticchie o per un sacchettino di trenta denari; tutto ciò riguarda le autorizzazioni che si stanno concedendo a piene mani agli impianti industriali di mega-eolico, mega-fotovoltaico e non ultimo di biomasse d’ogni tipo, solide e liquide. Mentre si chiude l’emergenza cavallinese, ne sono in corso centinaia altre, ancora pericolosamente aperte, nel territorio, e legate e scaturite dallo stesso meccanismo folle dei “certificati verdi” e degli spropositati incentivi pubblici concessi dallo Stato agli imprenditori che investono in mega centrali d’energia rinnovabile, fisiologicamente ad alto impatto, tanto sulla terraferma quanto nel nostro mare. Dai “Paladini del No alla devastazione del Salento e del suo mare”, dalla casa del Forum, si leva un messaggio forte che chiede di non continuare a prendere in giro questa terra e la sua gente, strumentalizzando il Protocollo di Kyoto e l’ “effetto serra”, per distruggere e speculare! L’appello forte a porre fine, con una “moratoria urgente di tutti gli impianti”, a tutta questa “corsa all’oro” delle rinnovabili industriali come l’hanno definita i giudici del Tribunale Amministrativo di Puglia-Bari, dagli effetti catastrofici sull’ambiente come ha denunciato il direttore dell’ARPA Puglia, il Prof. Giorgio Assennato, epidemiologo di fama mondiale, e che rischia di cancellare la nostra identità territoriale come ha messo in guardia l’Arch. Ruggero Martines, Direttore Generale della Soprintendenza ai Beni culturali e Paesaggistici della Puglia. Tutto ciò, anche al fine di avviare un percorso politico-amministrativo realmente virtuoso, che abbia come punti cardine la riduzione dei consumi e l’aumento dell’efficienza energetica, e che miri davvero a salvare il nostro pianeta iniziando a salvare la Puglia, tornando a rimboschire il territorio con politiche di rinaturalizzazione di migliaia di ettari, che devono tornare saggiamente alla natura e all’agricoltura di qualità, d’eccellenza e del biologico, non svenduti, profanati e stuprati in nome della produzione d’energia in una terra che già produce, anche da fonti rinnovabili, ben oltre il proprio fabbisogno contro ogni buon principio di federalismo energetico e solo in sottomessa ipnotica obbedienza ad un’ "ideologia dell'energia" , inculcata con ogni mezzo pubblicitario, da una corrotta lobby politico-imprenditoriale, da cui tutti dobbiamo liberarci per tornare a vivere in pace, salute e serenità nel nostro futuro quotidiano; l'ideologia della produzione ossessiva d’energia ed energia senza limite e da ogni fonte da esportare ed esportare! »


8 giugno 2010

Il Forum Ambiente & Salute
gruppo d'azione locale a difesa della salute e del territorio,
rete coordinativa di comitati, associazioni e movimenti.

Sito web: http://forumambientesalute.splinder.com/

La verità dovuta ai morti

di Claudio Fava
A ben guardare, in questo tempo sottosopra ciò che fa paura non sono i fatti ma le loro conseguenze. I fatti ci dicono che più o meno da vent’anni pezzi importanti delle istituzioni dello Stato e dei servizi di sicurezza ci mentono. Menzogne raffinate, come le “menti raffinatissime” a cui si riferì Falcone dopo il fallito attentato dell’Addaura. Ci hanno mentito e ci hanno ingannati decidendo di stare dalla parte dei nostri nemici.Le stragi del ’92, le bombe del ’93, le incursioni di Cosa Nostra in politica a partire dal ’94, le eterne latitanze di certi capi mafia… l’elenco è lungo, e porta in calce una firma sbiadita ma non illeggibile: servizi segreti.Con i loro padrini politici, con i loro aiutanti di campo mafiosi. Questi i fatti, che in un paese normale dovrebbero portare a una ricerca rigorosa sulle responsabilità del passato e a un supplemento di attenzione per il futuro su questi corpi dello Stato, troppo spesso animati da vocazioni che nulla hanno a che fare con il rispetto delle leggi. In un paese normale, a questi fatti sarebbe seguita un impegno di limpidezza, uno sguardo più vigile sulle nostre strutture di sicurezza, la garanzia di strumenti di investigazione efficaci per i magistrati. In un paese normale, non in Italia.

Il cui governo ha appena sfornato un emendamento che intende estendere il segreto di Stato alle intercettazioni dei funzionari e degli agenti dei servizi segreti. Come dire: prima di mettere sotto controllo il telefono di uno “007”, dovremo chiedere permesso all’esecutivo. Che quel permesso potrà negarcelo senza doverci nemmeno una spiegazione. Reazione singolare dopo i furti di verità che abbiamo subito in questi vent’anni. Invece di promettere chiarezza, si stabilisce per decreto il diritto all’opacità e all’impunità per i servizi di sicurezza e per i loro infiniti affluenti.

Uno dei quali, tanto per far nomi e cognomi, porta al costruttore Anemone, il grande ristrutturatore di case auguste e potenti. Il signor Anemone aveva ottenuto dal Viminale il NOS, un Nulla Osta Sicurezza, che equiparava la sua persona, le sue funzioni e le sue attività a quelle dei funzionari dei servizi segreti. Insomma, con questo emendamento in vigore non avremmo potuto sapere nulla non solo dei depistaggi e delle collusioni sulla morte di Falcone e di Borsellino ma nemmeno sugli affari miserabili della “cricca” che passavano attraverso la generosità (e le telefonate) di Anemone.

In un’Italia normale, di fronte a un simile atto di sciacallaggio istituzionale non sentiremmo solo le voci indignate di alcuni magistrati (uno per tutti, Armando Spataro, un giudice con la schiena dritta che di segreti di Stato ne ha subiti parecchi), non vedremmo solo qualche irruento sciame di folla occupare le piazze romane. In un’Italia normale, di fronte alla rivendicazione del diritto all’impunità, vorremmo sentire tutte le voci oneste di questo Stato. A cominciare dal Presidente della Repubblica che su un emendamento gaglioffo come quello proposto dal governo potrebbe pretendere dai partiti qualcosa in più di un generico senso di responsabilità.

E non vorremmo che, nel nome di un italianissimo volemose bene, questa trattativa da angiporto sul Ddl Alfano lasciasse tutti contenti. Il punto non è, come reclamano i finiani, estendere a 75 giorni la durata delle intercettazioni o evitare che s’abbatta sui processi in corso. Questi, ci sia consentito, restano dettagli. Il cuore mai scalfito del problema è che con questa legge verranno secretati i processi, i giornalisti non potranno più raccontare le inchieste in corso e agli italiani verrà negato il diritto di sapere. Questa è la posta in palio, non altre.

Post scriptum. Questa mattina ho incontrato un sopravvissuto. Uno di quelli che, grazie alla leggina di Alfano, sarebbe crepato da tempo. Si chiama Lirio Abate, ha l’età dei vostri figli, fa il cronista a Palermo e Cosa Nostra aveva deciso di ammazzarlo per qualche articolo poco cortese. E’ vivo perché alcune telefonate sono state intercettate, bel oltre il limite dei 50/75 giorni oggi graziosamente concessi dal sovrano. In quelle telefonate si spiegava perché il giornalista doveva morire, chi se ne sarebbe occupato, dove e quando. Se un appuntato dei carabinieri non fosse stato messo dai magistrati in condizioni di ascoltarle, Abate oggi sarebbe morto. E Alfano sarebbe stato in prima fila, ad ogni anniversario, a battersi il petto e a compiangere un altro siciliano caduto sul dovere.

Claudio Fava

ERGASTOLO OSTATIVO E CERTEZZA DELLA PENA

di Pierfrancesco Palattella
In Italia si fa un gran parlare di ergastolo, situazione dei nostri detenuti, carcere rieducativo e certezza della pena; è di poche ore la notizia di un detenuto in gravissime condizioni di salute nel carcere di Cagliari a letto con le bombole di ossigeno, si continua a discutere in queste ore di rimedi efficaci per eliminare il sovraffollamento.

Alcune di queste tematiche sono anche affrontate dalla nostra Carta Costituzionale come nel caso dell’art. 27 nel quale è affermato che “Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato”. La giustizia italiana è accusata non certamente a torto di essere talvolta troppo lassista, la certezza della pena non è quasi mai tale e spesso chi delinque finisce per tornare in libertà troppo presto; discorsi sentiti più volte cui comunque è difficile controbattere con argomentazioni efficaci.
A fronte di tutto questo vi è tuttavia, come si conviene, un’eccezione che ai più risulterà sconosciuta ma che infligge la sua austerità in maniera perentoria sui condannati, attuando la legge con un’attenzione che a molti appare del tutto efficiente, ad altri esagerata ma non lasciando spazio ad interpretazioni di dubbia certezza della pena; il regime del carcere ostativo che consiste, questo si, nel passare in carcere praticamente tutta la vita.

E’ importante spiegare bene il concetto di ergastolo ostativo per evitare equivoci: si tratta di una pena che viene data per reati di associazione a delinquere, per intenderci non è previsto l’ergastolo ostativo per stupratori, pedofili e tutti coloro che ledono una persona fino ad ucciderla.
Con legge 356/92 si introduce in sostanza nel sistema di esecuzione delle pene detentive una sorta di doppio binario, in virtù del quale per taluni delitti ritenuti di particolare allarme sociale è stato previsto un regime speciale, che si risolve nell’escludere dal trattamento beneficiario extramurario i condannati a meno che questi collaborino con la giustizia.

Un ergastolano che ha ammazzato e violentato una o più donne ha la possibilità di uscire, chi invece ha ucciso in una guerra fra bande in un territorio mafioso, in virtù del carcere ostativo non potrà mai uscire se non diventando collaboratore di giustizia.

A questa categoria è negato ogni beneficio penitenziario, dai permessi premio alla semilibertà e liberazione condizionale a meno che non si collabori con la giustizia per far arrestare altre persone. Chi non collabora, spesso, lo fa per paura di vendette una volta uscito o di rappresaglie sulla propria famiglia e non necessariamente per omertà; costui è destinato a restare tutta la vita in carcere escluso da ogni sorta di beneficio.

Al di là di ogni considerazione morale o presa di posizione è importante notare come si sia venuta a creare una doppia connotazione dell’aspetto e come sia stata tracciata una profonda linea di demarcazione tra due modi diversi di intendere l’ergastolo; da un lato, uno che lascia un barlume di speranza di uscire in permesso dopo dieci anni, dopo venti anni in semilibertà e dopo 26 anni in condizionale. Dall’altro, come detto, vi è quello ostativo circoscritto a determinati reati di associazione ed a casi di non collaborazione con la giustizia.


A lottare contro questo tipo di ergastolo ed a cercare di dar voce agli internati vi è l’'Associazione "Comunità Papa Giovanni XXIII", fondata nel 1973 Don Oreste Benzi ed attiva nel vasto ambiente dell'emarginazione e della povertà. Tra le altre attività dell’associazione vi è quella di occuparsi di carcerati ed in quest’ottica, da alcuni membri de gruppo particolarmente dediti al problema è nato da circa un anno il blog “Urla dal Silenzio”, nome anche dell’omonimo gruppo su Facebook, con l'intento di far conoscere a tutti la disumana realtà dell'ergastolo ostativo; il blog è diventato nel tempo la voce degli ergastolani con testi, poesie, drammatici racconti di vita pubblicati di volta in volta. Incontriamo una delle responsabili del progetto “Urla dal Silenzio”, Nadia Bizzotto.
Come è nato e cos'è il progetto “Urla dal Silenzio”?
Iniziamo dicendo che faccio parte della comunità fondata da don Oreste Benzi, "Comunità Papa Giovanni XXIII" e che tra le tante attività ci occupiamo di carcerati. Siamo stati a Spoleto in carcere per la prima volta nel 2007 accedendo come art. 17, ossia persone esterne che entrano per fare colloqui. In quell’occasione abbiamo scoperto cos’è il carcere ostativo e da allora abbiamo iniziato ad entrare in carcere sistematicamente per cercare di dar sostegno a quelle persone. Don Oreste Benzi ha appoggiato subito la loro battaglia, è stato il primo a dare un supporto a questi detenuti; era veramente un tipo eccezionale, un prete sui generis che si è sempre distinto per l'attenzione prestata ai più emarginati, fondatore della comunità e conosciuto tra l’altro per essere il prete delle prostitute, dormiva con i barboni, andava per strada ad aiutare i bisognosi. Quindi era abituato a questo tipo di situazioni. Quando i carcerati di Spoleto hanno visto che c’era una persona di quel calibro cui poter raccontare il loro dramma sono stati estremamente entusiasti. Il blog è nato da circa un anno, all’interno vi sono testimonianze dirette dei carcerati stessi, storie e testi scritti da loro.”
Cosa si intende per ergastolo ostativo?
Quando parliamo di ergastolani ostativi non stiamo parlando di pedofili o di gente che ha ammazzato figli e mogli; stiamo parlando di chi è stato condannato per reati di associazione mafiosa. Il carcere ostativo è per gli imputati che hanno preso l’ergastolo per reati di mafia e sono ostativi perché nessuno di loro collabora con la giustizia; chi non collabora non ottiene i benefici penitenziari. Ma è bene precisare che il padre di famiglia che rimane dentro perché ha scelto di non collaborare non lo fa sempre per scelta consapevole o omertà, ma è anche paura di ripercussioni su loro stessi una volta usciti o sulla loro famiglia. Gli ergastolani in Italia oggi sono circa 1400, la stragrande maggioranza dei quali provenienti dal sud; l’ostatività nasce dall’inasprimento delle pene come risposta dello Stato dopo i reati di mafia, più o meno negli anni 90. La maggior parte di loro ha già scontato all’incirca 20 anni e l’ergastolo ostativo sta venendo fuori adesso perché, dopo i 20, normalmente uno può chiedere la semi - libertà. A tutti quanti è stata negata poiché in base all’art. 4 bis O.P. non vi è traccia nelle loro cartelle di collaborazione con la giustizia. Non è che uno nasce con l’ergastolo ostativo; molte volte non si sa neanche di averlo finchè non si scopre che la magistratura ti rifiuta i benefici in quanto non risulti collaboratore.
Perché si dice che in Italia non c’è la certezza della pena?
Non è assolutamente vero il luogo comune che qui in Italia non c’è la certezza della pena. Esiste eccome. Ma è circoscritta a determinati reati. Se uno domani mattina si alza ed uccide 3 o 4 persone molto probabilmente non si farà l’ergastolo e sicuramente non farà quello ostativo; è questo il problema, la certezza della pena esiste, ma esiste solo per alcuni tipi di reato. Parlando di cronaca attuale prendiamo ad esempio il famoso caso Izzo. Nessuno dice che lui era un collaboratore di giustizia ed è stato messo fuori perché ha fatto i nomi di altri; allora ecco che viene agevolato il pentito, che poi esce ed ammazza nuovamente, piuttosto di chi sta in galera perché non vuole esporre la propria famiglia a rischi. Allo stesso modo non sono d’accordo sul fatto che il carcere non ti cambia; 20 o 30 anni di carcere ti cambiano profondamente, non sono uno scherzo.
Come affrontate il problema morale sapendo che si parla comunque di persone che hanno commesso reati?
Quando andiamo in carcere a parlare con loro sappiamo bene che di fronte non abbiamo dei santi; se stanno lì dentro è perché hanno commesso reati. E lo sanno anche loro; io però cerco di relazionarmi con l’uomo che ho davanti adesso, non con il colpevole di 20 o 30 anni fa che non è più il ragazzo di allora. È un uomo che non ha alcuna prospettiva reale di uscire dal carcere, se non da morto. Un ragazzo di 18 anni per quante ne possa ave fatto non può essere il boss della mafia che ha distrutto l’Italia, può esser stato al massimo manovalanza a servizio della mafia. Persone che sanno di aver fatto errori molte volte anche grossi, che stanno pagando e che vogliono pagare e che l’unica cosa che chiedono è una data certa. Ormai sono anni che li conosciamo, abbiamo rapporti quasi familiari con alcuni d loro. Addirittura con le famiglie dei detenuti, con i figli, con le mogli, siamo spesso in contatto anche perché il dramma dell’ergastolo si ripercuote non solo su chi lo sconta ma su tutta la famiglia.
Qual è la vera contraddizione del'ergastolo ostativo?
Non si tratta di tirar fuori delinquenti dalla galera a tutti i costi, ma di dare una possibilità a chi ne avrebbe diritto. In carcere, per ottenere i benefici occorrono il diritto ed il merito: per gli ostativi non si arriva al merito, non si arriva a stabilire se hai fatto un percorso tale per cui psicologi, direttore del carcere ecc.. possano presentare una relazione su di te e su quanto tu sia cambiato; non ne hai diritto perché non ha collaborato. Allora qui il principio educativo non c’è proprio, il famoso art. 27 non serve assolutamente a niente. Che senso ha tenere in galera uno tutta la vita con la prospettiva di non uscire mai; educarlo per cosa, per portarlo alla tomba? Il nostro è uno Stato che per certi versi ha una giustizia assolutamente lassista e ch per altri, invece, fa pagare in maniera ingiusta e spropositata.

da LaVeraCronaca

ECCO PERCHE’ DIFENDERE LE RAGIONI DELL’IRAN… (ALMENO SUL NUCLEARE!)

di Gaspare Serra
Mi rendo conto di come questo titolo possa bastare per attrarmi addosso critiche e condanne, specie da parte dei lettori più “distratti” (di coloro pronti a giudicare senza aver nemmeno letto “una riga in più” della mia analisi!).

La riflessione che pongo alla sua attenzione è semplicemente un tentativo (non so se riuscito) di analizzare la “Questione iraniana”:
- sganciandomi dai parametri di giudizio più “scontati”;
- rifuggendo dai “topos” propri della politica internazionale;
- ed evitando il ricorso ai più banali “luoghi comuni” con cui si tende sempre più spesso a dividere la realtà in “piani contrapposti” (Occidente/ Oriente; Democrazie/ “Stati canaglia”; Cristianesimo/ Islam…).

“La vera libertà di stampa è dire alla gente quello che la gente non vorrebbe sentirsi dire”, ripeteva lo scrittore britannico George Orwell (1903/1950, in realtà Eric Arthur Blair).
Io non sono “la stampa” né detengo alcuna verità “tascabile”!
Possiedo ancora, però, quella libertà di pensiero e onestà intellettuale sufficiente:
- per interrogarmi “criticamente” sulla gestione della politica internazionale statunitense (seguita passivamente “a ruota” da molti paesi europei, in primis l’Italia);
- per dubitare persino della presunta “superiorità morale” dell’Occidente rispetto al resto del Mondo (in materia di rispetto della legalità internazionale, uso legittimo della forza e proliferazione nucleare);
- e per arrivare a sostenere (pur da “convinto” pacifista e antinuclearista!) che, a queste condizioni, l’Iran ha “tutte le ragioni del mondo” per rivendicare finanche il diritto di dotarsi di armi nucleari!

Senza voler dare minimamente l’impressione di sostenere il governo teocratico, reazionario, illiberale e antisionista di Ahmadinejad, infatti, mi sento comunque in dovere di giustificare le pretese nucleari iraniane, almeno finché le nove potenze nucleari “già esistenti”:
I- non ammettano che la fonte primaria d’“instabilità e insicurezza” nel Mondo è rappresentata anzitutto dai propri arsenali atomici;
II- e non accettino di affrontare il problema mettendo anzitutto in discussione la propria “politica nucleare”!