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martedì 1 settembre 2009

ARTICOLO: BERLUSCONI INTOXICA A LA IZQUIERDA

Intervista a Nichi Vendola da www.elpais.com

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La traduzione del blog LA FONTE:

Berlusconi intossica la sinistra

Omosessuale, cattolico e comunista, Nicola Niki Vendola, di 51 anni, assicura di essere capace di identificarsi con queste tre etichette senza la fare la minima confusione. Questa chiarezza di idee, e di parole, hanno convertito Vendola in una delle figure più interessanti del decadente panorama politico italiano.Discepolo del vescovo Tonnino Bello, ormai quasi a punto di essere santificato, Vendola dirige dal 2005 la regione Puglia, un posto pieno di uliveti e spighe di grano, giunto alla ribalta dei quotidiani di tutto il mondo grazie ( o per colpa) di un tipo chiamato Giampaolo Tarantini, specializzato in procurare veline e prostitute come Patrizia D’Addario per le feste pazze del suo amico Silvio Berlusconi.

Tarantini, ora indagato dalla magistratura per corruzione, istigazione alla prostituzione e detenzione e spaccio di droga, era un impresario locale riuscito a venire alla ribalta nel settore della sanità e nella vita scambiandosi favori con politici di destra e di sinistra. Le sue attività locali saltarono agli occhi di alcuni membri della giunta Vendola, e soprattutto al suo predecessore, Raffaele Fitto, oggi ministro e fondatore della lista municipale “La Puglia prima di tutto”, di cui fa parte come candidata anche la D’Addario dopo aver dormito con il “Papi”.

Per lasciare le cose chiare, Vendola ha deciso di tagliare la testa al toro invitando tutti i suoi uomini, implicati in queste vicende, alle dimissioni. Alcuni giorni dopo, ha presentato poi un nuovo gabinetto con sei membri di centro-sinistra e cinque comunisti (sei donne e otto uomini).

Comunque impressionato per le rivelazioni del caso Tarantini, Vendola ha deciso di fare della questione etica la bandiera della sua politica. “La Puglia è stata vittima delle ambizioni dei giovani rampanti di destra”, spiega. “Fitto, il suo aiutante Tato Grego, Tarantini, sono tutti figli di papà senza la minima cultura istituzionale e che hanno utilizzato la loro malata relazione con le donne, il potere e la Chiesa per occupare il territorio. Formano la cupola di una criminalita dal colletto bianco che ha sostituito la mafia in assenza di un esercito armato che in Puglia non esiste”.

In questo momento in cui la sinistra italiana è desaparecida e senza bussola, Vendola rivendica una nuova politica di progresso. Ed un nuovo quadro dirigente. “Le lotte tra riformisti e radicali rivelano che viviamo una guerra preventiva. C’è da evitare il gioco di veti ideologici. Saremo credibili solo se lasciamo esempi di moralità e apertura. Discutendo a fondo con la Chiesa tutti i temi però senza rinunciare ad ampliare i diritti individuali… Abbiamo un establishment islamofobico, però anche omofobico e maschilista, degno di una repubblica islamica. La India sta meglio di noi”.

Un altro cavallo di battaglia è la libertà di stampa. A sorpresa e senza esserne implicato, il presidente della regione Puglia ha appreso di essere stato coinvolto nel Bari-gate delle prostitute guardando la RAI. “Il caso del telegiornale di RAI1 è una storia che grida vendetta. Parlando di Tarantini, di cocaina e di escort, hanno messo la mia foto come sfondo. Fanno giornalismo delinquenziale. Mia madre quasi sveniva”.

E che sensazione ha? Cadrà un giorno il sovrano? “Berlusconi interpreta come nessuno le viscere profonde del paese ed ha costruito una ampia egemonia, dice bevendo un caffè freddo. “E’ amato perché sfida l’eternità, le leggi della fisica ed anche quelle del fisico, per la sua sfacciataggine e la sua instancabile capacità di mostrare una virilità senza fine. Però la sua egemonia ormai non è più in quell’ascesa irresistibile che ha avuto in passato. Lo tradisce la paura di perdere la sua gente, ha le ossessioni da sondaggi e lo angustiano i fischi che riceve. Deve ripensare la sua vita. La sua faccia mostra crepe profonde: la storia sulle minori che ha fatto emergere sua moglie. In questa epoca di decadenza italiana ed europea, ormai morte le grandi narrazioni, l’unica che ha ancora effetto è quella dell’ombelico. Per questo vederlo circondato da ninfe e puttane a discrezione non si percepisce più come un fenomeno patetico.

Vendola ammette che il problema è, in gran parte, la mancanza di alternative: “Noi suoi critici siamo stati come i liberali degli anni venti, a cui disgustava il fascismo solo per ragioni estetiche. Noi abbiamo demonizzato la persona dimenticando che il berlusconismo è la filosofia politica e sociale preponderante. Il suo trionfo è aver convertito il nemico in un ammazza-Berlusconi. La sinistra si è intossicata di berlusconismo ed ha cercato la sua forza in un leader simile a lui. Lui è il capitano che scende in campo, noi siamo un’altra cosa. Dobbiamo fare invasione di campo per mettere fine a questo reality infinito”.

14 miliardi per 131 cacciabombardieri: VERGOGNA!

L’Industria bellica italiana e mondiale pare non conoscere crisi. Aumentano le spese militari e il commercio delle armi dappertutto e in ogni comparto. Le guerre di questi anni hanno alimentato una corsa al riarmo.
Oggi si discute alla Camera l’acquisto del cosiddetto sistema d’arma Joint Strike Fighter (JSF) e l’associata linea di assemblaggio finale a Cameri. In sintesi questo sistema prevede l’acquisto di 131 caccia bombardieri, capaci anche di portare anche degli ordini atomici, e la realizzazione di un centro europeo a Cameri (Novara) di riparazione dei velivoli italiani ed olandesi. Tutto per un costo di 14,1 miliardi di euro.

La scelta del Governo Berlusconi è chiara: da una parte si tagliano 9 miliardi di euro su Scuola e Università, dall’altra si finanzia l’industria bellica di quasi 15 miliardi. Anziché investire nella vera risorsa del Paese che è la Scuola e tutto il mondo della Formazione, Il Governo, che ha avallato le guerre scellerate in Iraq e Afghanistan, sceglie di investire in strumenti che non portano sviluppo, né tantomeno crescita, ma solo morte e distruzione.

L’Unione degli Studenti sottoscrive l’appello di Sblianciamoci ed invita a fare lo stesso tutte le studentesse e gli studenti del Paese contro le politiche di corsa al riarmo del Governo Berlusconi. Chiediamo che le risorse destinate all’industria bellica siano convertite in investimenti in Scuola, Università e Ricerca.

Berlusconi perde causa contro Travaglio e Luttazzi



Silvio Berlusconi aveva chiesto un risarcimento di 20 miliardi del vecchio conio, come direbbe Bonolis, a quel diavolo di Marco Travaglio, colpevole, in associazione a delinquere con l'attualmente desaparecido Rai Daniele Luttazzi, di averlo offeso, anzi di aver "letteralmente devastato - si legge nella querela - la sua immagine di politico e di imprenditore". Ma il giudice ha deciso diversamente e ha condannato il capo del governo a pagare le spese legali nell'ordine di centomila euro. Ne dà notizia lo stesso Travaglio, molto sollevato all'idea di non dover versare a rate, per il resto dei suoi giorni, la cifra richiesta dagli avvocati del Cavaliere. E ora i fatti, come si dice in gergo d'aula. Era il 14 marzo del 2001, un mercoledì sera. Su Raidue andava in onda Satyricon, direttore di rete Carlo Freccero, produttore Bibi Ballandi (anche loro denunciati in sede civile). Luttazzi chiama Travaglio a parlare del suo libro, "L'odore dei soldi", scritto a quattro mani con Elio Veltri. Storia non autorizzata sulle origini delle fortune economiche di Berlusconi, sui segreti meccanismi finanziari che portarono alla nascita della Fininvest, sullo strano arrivo, ad Arcore, dello stalliere mafioso Vittorio Mangano. Minuti televisivi senza filtro. Luttazzi chiede, Travaglio risponde, con documenti e atti che ha usato per scrivere. Da dove ha preso Berlusconi i miliardi per cominciare? Perché ha ospitato un boss, poi condannato a due ergastoli, a casa sua? Perché la Rai ha sempre scansato l'ultima intervista di Paolo Borsellino, acquisita da chi indaga sulle stragi di Capaci, via D'Amelio e degli Uffizi? Intervista nella quale, spiega Travaglio, il magistrato parla dell'interesse della procura di Palermo per Berlusconi, Dell'Utri e Mangano?

Il Giappone dice addio alla balena gialla

I giapponesi, che di pazienza, nella loro lunga storia, ne hanno avuta molta, hanno detto finalmente basta. Dopo 54 anni di potere pressoché assoluto e pressoché ininterrotto, hanno sfidato noia e tifoni e hanno dato il benservito alla Balena Gialla. Il partito liberaldemocratico, la DC giapponese, è stato spazzato via da un voto che ha superato ogni previsione: 115 seggi sono improvvisamente svaniti nel nulla (l’elenco dei trombati è impressionante, tre ex premier, sei ministri in carica), trasferendosi all’opposizione. L’Ulivo a Mandorla, la coalizione guidata dal Partito Democratico e che comprende socialisti e neopopolari (ma non i comunisti, che peraltro mantengono la loro forza preelettorale e annunciano per la prima volta di non escludere, su determinate questioni, un appoggio esterno al nuovo governo) ha conquistato la maggioranza assoluta della Camera: 308 seggi su 480. Un successo strepitoso, senza precedenti e inaspettato. Al punto che al proporzionale (in Giappone si vota con un sistema simile al nostro vecchio “mattarellum”) il numero di seggi conquistati supera quello dei candidati: con la curiosa conseguenza che due seggi verranno assegnati, senza merito ma senza particolari mugugni, vista l'abbondanza, alla stralunata opposizione. "Comprendo l'amarezza di Prodi - ci ha detto Naoto Kan, che domenica sera ha ricevuto le congratulazioni dell'ex presidente del consiglio - lui ha cercato di governare con un solo voto di maggioranza". L'Ulivo a mandorla ne avrà più di cento. E potrebbero aumentare, in corso d'opera, visto che la Balena Gialla da' già segni di decomposizione e che per gente abituata alla vita di Palazzo è dura rassegnarsi a perdere lo scranno. "Non ci sarebbe nulla di male - commenta Shizuka Kamei, leader e unico eletto del minuscolo Kokuminto, il nuovo partito del popolo - molti di noi sono usciti dal partito liberaldemocratico, sia pure in tempi diversi. Meglio tardi, che mai". Shizuka Kamei è in corsa per un ministero e in molti sperano sia quello della giustizia. Ex capo della polizia durante il '68, Kamei è oggi un convinto abolizionista. La sua nomina significherebbe che il Giappone rinuncia alla pena di morte. Ma non succederà, non subito, quanto meno.
“E’ la prima volta che il popolo giapponese prende in mano il suo destino e decide il suo futuro – ha detto, non senza una qualche ragione, Yukio Hatoyama, il leader del Partito Democratico che fra due settimane verrà nominato primo ministro e che sembra avere tutte le intenzione di fare sul serio – finisce un’era, quella dell’arroganza e della corruzione, e ne inizia un’altra, quella della trasparenza e del rispetto dei cittadini”. Per carità, Yukio Hatoyama, 63 anni, figlio e nipote d’arte (il nonno è stato premier prima della guerra, il padre ministro degli esteri negli anni ’50) e imparentato, per via materna, con i padroni dell’impero Bridgestone (di qui, pare, la sua passione per i motori, la Ferrari e il “made in Italy”) non è un “barbudo”. A differenza di molti suoi colleghi e amici di partito, che presto vedremo al governo, non ha nemmeno partecipato al famoso “zengakuren” , il movimento degli studenti protagonista delle lunghe e violente occupazioni degli atenei giapponmesi, negli anni ’60. Ma sembra davvero intenzionato ad imprimere una svolta in un paese “vecchio”, appesantito da una classe politica corrotta e ignorante e da una burocrazia avida e arrogante. Difficile dire quali, e sono tante, saranno le promesse elettorali che il primo governo democratico del Giappone riuscirà a mantenere, soprattutto nel breve periodo. Ma una cosa è certa: si ritorna (meglio sarebbe dire, si comincia…) a fare “politica”.
Già ieri sera, il primo segnale. Nel corso di una conferenza stampa, Hatoyama annuncia che il nuovo governo ha intenzione di riscrivere la legge finanziaria, già predisposta dal governo uscente di Aso: “è nelle pieghe del bilancio che dobbiamo trovare i soldi per mantenere le nostre promesse, senza aumentare la spesa ed il deficit pubblico”. Gli risponde, a distanza, il direttore generale del ministero delle finanze, tale Mochizuki: “faccio modestamente notare all’onorevole Hatoyama che la legge finanziaria va presentata e approvata in parlamento entro la fine di dicembre. Non si cono i tempi tecnici per riscriverla”. Immediata la reazione del futuro premier: “la legge finanziaria va presentata quando è pronta. E quando è pronta lo decideremo noi”. E’ la prima schermaglia tra politica e burocrazia, che nei prossimi giorni, settimane e mesi ne vedrà delle belle. Nagatacho, il quartiere del Palazzo e dei ministeri, subirà una vera e propria rivoluzione. Lo “spoil” system che Hatoyama ha in mente, e che non ha precedenti per dimensioni e intensità, prevede una vera e propria “occupazione” dei politici dei posti chiave. Si calcola che oltre un centinaio di deputati – molti dei quali giovani e, obiettivamente, inesperti verranno “precettati” e nominati in posti di alta responsabilità nei vari ministeri. Verranno aboliti i sottosegretari “amministrativi”, burocrati di carriera, che verranno sostituiti da nomine politiche. Ma la novità più interessante è l’istituzione del cosiddetto “Consiglio Strategico Nazionale”, composto da un numero ristretto di ministri e coordinato – a meno di sorprese, sempre possibili – da Naoto Kan, in corsa sia per la carica di vicepremier (o di Capogabinetto di Stato) che di un importante ministero. Il Consiglio Strategico dovrebbe curare i rapporti con la pubblica amministrazione e verificarne l’adempimento delle direttive del governo. Una prospettiva che ieri ha provocato l’ennesima, ma probabilmente ultima, battuta acida di Taro Aso, il premier uscente: “ne vedremo delle belle: finiremo in balia di un branco di dilettanti guidati da un estremista”. Vale la pena ricordare che Naoto Kan, nella sua breve e unica esperienza di governo come ministro della sanità del governo Hata, divenne famoso (ma da allora odiatissmo dalla burocrazia) quando decise di rivelare i nomi dei funzionari che, con la loro negligenza, avevano provocato lo scandalo delle partite di sangue per emofiliaci contaminate dal virus HIV. “Meglio dilettanti onesti che vecchi e corrotti amakudari” ha tuttavia replicato, nel corso di talk show post-elettorale, Ichiro Ozawa, l’ex leader del partito costretto alle dimissioni due mesi fa per una storia di presunti finanziamenti illeciti, riferendosi ai burocrati che, una volta raggiunta la pensione, “discendono dal cielo” (appunto, amakudari) e si installano nei consigli di amministrazione di enti pubblici e imprese private. “Tutto questo deve finire – ha continuato – i politici debbono governare, assumendosene le responsabilità, i burocrati debbono eseguire, possibilmente in silenzio”. Parole dure, segno che la il gioco si sta facendo pesante sin dall’indiomani delle elezioni. Si può immaginare, tra l’altro quale sia la rabbia del buon Ozawa, uscito polemicamente dal ventre della Balena Gialla più di vent’anni fa e da allora dedicatosi, con altrne vicende, alla costruzione di una possibile alternativa. Ci riuscì, con un vero e proprio capolavoro politico, nel 1993, quando nonostante il partito liberaldemocratico si fosse aggiudicato comunque la maggioranza relativa, mise insieme un’improbabile quanto estemporanea coalizione sotto la guida di Morihiro Hosokawa, un elegante e inesperto samurai in pensione. Durò poco, appena 11 mesi: la Balena Gialla, pur di tornare al potere, si mise d’accordo con l’allora potente partito socialista, offrendo al loro leader, Murayama, la carica di primo ministro. Ozawa incassò la sconfitta è fondò un altro partito, stavolta mettendosi d’accordo con l’odiatissima Soka Gakkai. Ma non era più riuscito, fino a domenica scorsa, a trovare la sintonia, e la strategia giusta per riacciuffare il potere.
Ora c’è di nuovo riuscito, ma non potrà, come il suo mentore e maestro, Kakuei Tanaka, il più popolare e corrotto premier del dopoguerra, del quale fu prima portaborse e poi segretario personale, giocare un ruolo pubblico. Resterà dietro le quinte, cosa che rassicura alcuni ma preoccupa molti, visto che non è il tipo che se ne sta con un bel libro in mano , a godersi la pensione. Intanto, ha già fatto sentire il suo peso. Nonostante la promessa di Hatoyama di formare un governo di “giovani”, o quanto meno “facce nuove”, sembra sia già riuscito ad imporre, per l’importante carica di Ministro dell’Economia e Finanze, il nome del fedelissimo Hirohisa Fujii, 84 anni. Ricoprì la stessa carica, e non per caso, tra il 1993 e 1994, nei governi “lampo” di Hosokawa e Hata. Una decisione che, sen confermata, non farà piacere a Banri Kaieda, il giovane deputato emergente che, contro tutte le previsioni, ha battuto sul campo il potente ministro dell’economia uscente, Kaoru Yosano, e al quale, presumibilmente, aspirava succedere.

di Pio D'Emilia da IlManifesto

Palermo: sgomberato l'ExKarcere


Alle otto di stamattina un centinaio tra carabinieri e poliziotti, con la digos al gran completo, hanno assediato e sgomberato il csoa ExKarcere militarizzando l'intero quartier dell'Arbergheria. A sgombero avvenuto tutte le entrate del centro sociale sono state ora murate.

Al momento dell'irruzione delle forze "dell'ordine" erano presenti all'interno della struttura due compagni, dopo l'identificazone sono stati brutalmente portati in questura e trattenuti per accertamenti per più di quattro ore.

Lo sgombero, avvenuto su mandato dell'Opera Pia Reclusori Femminili (legata a doppio filo con le più bieche strutture ecclesiastiche) che in combutta con l'amministrazione regionale sta perpetrando l'ennesima speculazione nel tessuto edilizio della città. Questa e' l'ennesima tappa della svendita del residuo patrimonio pubblico nel centro storico Palermitano, ed e' l'ennesimo atto repressivo nei confronti delle istanze sociali portato avanti da chi "amministra" la città, sempre pronto a reprimere ed emarginare come avviene per i senza casa che vivono da anni nei container di via messina montagne.

I compagni e le compagne dell'ExKarcere hanno annunciato iniziative di lotta già nelle prossime ore.

da Infoaut

Sfuma il sogno di Umberto Bossi! In Libia niente fumo VERDE!

Carissimi Amici, il bel sogno di Umberto Bossi di vedere sfrecciare le frecce «tricolori» nel cielo Libico lasciando dietro sé la fumata VERDE s’è infranto sul deciso NO dei piloti della squadra acrobatica dell’Aeronautica militare!

Mentre il Presidente del Consiglio si trastulla con l’Amico Gheddafi in feste e festini dall’indubbia valenza politico istituzionale, nel mondo montano polemiche internazionali per la STUPIDA, INUTILE ed IMMOTIVATA partecipazione delle frecce tricolori ITALIANE in Libia !?!?!?

Questi «Capi di Stato», giocano e si divertono con STRONZATE di questo tipo, mentre il nostro Paese,l’Europa ed il mondo intero sta lottando con economia, finanza, crisi, recessione e disoccupazione! Nello specifico l’Italia ha un milione di problemi per quanto riguarda comunicazioni e collegamenti stradali per migliorare il lavoro e favorire la ripresa dell’economia! NON parliamo del tratto autostradale Salerno-Reggio Calabria diventato la barzelletta degli ultimi trent’anni! E il nostro Premier cosa fa ? Si reca in Libia per inaugurare la posa della prima pietra di un’autostrada che verrà costruita con fondi Italiani !?!?!?

Silvio Berlusconi offre al Suo Amico Gheddafi lo spettacolo delle frecce tricolori, costruisce nuove autostrade e restituisce miliardi di Euro in compensazione ai danni della seconda guerra !?!?!?

Ma cazzo stiamo impazzendo !!! La Libia ci «offre» quotidianamente da anni o migliaia di immigrati, ci vende il metano al prezzo che vuole ricattandoci continuamente e il Presidente del Consiglio in nome del Governo e del Popolo Italiano in segno di « Amicizia » è guitto delle feste Libiche !?!?!?

Cazzo, ma siamo tornati all’Italia del ventennio !?!?

E mentre Silvio e Gheddafi si divertono come bambini al circo equestre, da noi con la scusa della regolarizzazione delle « badanti » migliaia di irregolari di qualsiasi tipologia versando 500 Euro tra qualche anno voteranno regolarmente in massa per la Lega di Umberto Bossi!
Mi sa che le FRECCE VERDE PADANIA presto saranno una realtà!

l’Italia DORME sogni tranquilli mentre l’Umbertone Nazionale è sempre più vicino al suo sogno occulto: Un’Italia VERDE PADANIA che canta il « Và pensiero » !!!

di Alessandro Consonni da Reset-Italia

Africa, terribile epidemia colpisce le banane

Circa la metà dei bananeti africani già contagiati da due malattie incurabili

Due terribili virus che attaccano le piantagioni di banane si stanno diffondendo nell'Africa subsahariana. Secondo gli esperti sarebbe già contagiato da uno dei deu virus il 50 percento dei bananeti africani, mettendo a rischio le prvviste di cibo e l'economia di almeno 30 milioni di persone.
Uno dei due virus, il peggiore, non uccide le piante ma le rende improduttive. Lava Kumar, dell'International Institute of Tropical Agriculture, dichiara che "è come se il mondo vegetale avesse sviluppato una propria versione dell'HIV". Sempre l'Istituto comunica che la malattia, per il quale non esiste cura, è una delle più invasive del pianeta e solo pochissime specie di banane ne sono immuni.
La diffusione dei due virus avviene tramite insetti e, per porre freno all'epidemia, gli esperti propongono l'immediato sradicamento e incendio di tutte le piantagioni infette.

da PeaceReporter

Cisgiordania, esercito israeliano uccide diciassettenne palestinese

Secondo l'esercito il ragazzo avrebbe lanciato una bomba contro un check point, diversa la versione degli abitanti di Jalazone

Un palestinese è morto la notte scorsa in ospedale dopo essere stato colpito dai soldati israeliani.
Un portavoce militare israeliano ha riferito che i soldati hanno sparato a un diciassettenne che, nella serata di Lunedi, aveva lanciato una bomba incendiaria contro un posto di guardia presso l'insediamento ebraico di Beit El, vicino alla città di Ramallah in Cisgiordania. Immediatamente dopo, sarebbe stato portato in un ospedale di Gerusalemme.
I residenti palestinesi del vicino campo profughi Jalazone hanno detto di aver sentito gli spari e visto i soldati che circondavano il giovane a circa 400 metri dal perimetro della colonia ebraica.
I medici dell'ospedale riferiscono che un secondo palestinese è stato leggermente ferito dagli spari dei soldati.
Circa mezzo milione di coloni ebrei vivono in mezzo a 2,5 milioni di palestinesi nei territori occupati della Cisgiordania, la terra coquistata da Israele nella guerra del 1967 che i palestinesi vorrebbero per la costituzione di un futuro Stato.

da PeaceReporter

SALERNO - PROTESTA DEI DOCENTI PRECARI

La professione giornalistica non può essere piegata da tentativi reiterati e stupefacenti d’intimidazione


E’ incredibile quanto sta avvenendo. Da un lato la denuncia del premier Berlusconi a un giornale, la Repubblica, contro le domande (cui non ha risposto) che pubblicamente gli ha rivolto; dall’altro il giornale di famiglia che attacca con brutalità senza precedenti il diritto di critica del giornale dei vescovi italiani, l’Avvenire. Il Capo del Governo, da quest’ultimo attacco, ha preso poi secca distanza...

ma resta il fatto che il Giornale, formalmente proprietà di un suo famigliare, abbia scandagliato nelle fogne per far passare un messaggio, nei confronti nel quotidiano dei vescovi e del suo direttore Boffo, che il comitato di redazione (certo non tacciabile di estremismi di nessun genere) considera una “chiara intimidazione al direttore e a tutta la redazione”. Tanto palese appare infatti lo scopo: non tanto quello di informare ma quello di scagliare fango in modo da “pareggiare” mediaticamente conti improponibili.

La professione giornalistica non può essere piegata da tentativi reiterati e stupefacenti d’intimidazione
La denuncia contro Repubblica è l’ultimo atto di un crescente assalto contro chi ha qualcosa da domandare, qualche dubbio da esporre, una critica e un dibattito da aprire, in una dissennata ricerca di silenzi, applausi, complicità. Non ci convinceremo mai che questa, quella di un giornalismo cortigiano o peggio piegato sulle ginocchia, debba essere la legge, scritta o no ,della nostra professione. Oggi c’è chiaro il rischio che il fastidio per l’informazione non controllata dal grande capo possa trasformarsi in qualcosa di altro, pericoloso, una deriva, una patologia da prevenire per una civiltà della convivenza che no può sopportare a lungo altre gravi lacerazioni.

Non accettiamo perciò in silenzio che si continui a prendere di mira con ogni mezzo (leggi bavaglio, avvisi a cancellare la pubblicità dai giornali scomodi, accuse di delinquenza ai giornalisti indesiderati) chi non rinuncia a fare del giornalismo una professione in cui si pongono le domande e si dà conto delle notizie che contano per la vita di tutti. Siamo e restiamo, inoltre, fermamente in campo per un giornalismo che fa circolare e mettono a confronto le idee senza camuffarle con minacce e intimidazioni. Diciamo no, perciò, ai tentativo di assalto estremo, convinti che si debba e si possa evitare una patologia contagiosa e irrimediabilmente dannosa per la nostra società. E alto, molto alto dev’essere l’impegno di tutti i giornalisti a recuperare e far valere appieno, verso chiunque, i fondamenti deontologici della professione giornalistica nella consapevolezza che il suo futuro dipende prima di tutto dalla sua credibilità.

Il potere, il premier oggi, deve sapere che c’è una misura che in democrazia non si può oltrepassare, riguarda l’etica della convivenza, il rispetto dei ruoli e delle funzioni, che non è risolvibile con operazioni muscolari e vendicative. Chi semina queste idee e i sentimenti da scontro primitivo ha colpa grave, deprecabile, fa opera di disfattismo puro. In ogni Paese “'normale'” porre delle domande da parte di un organo di informazione non è né può diventare oggetto di una concessione, ma fatto naturale e scontato. Le ritorsioni possono essere un reato, mai le domande.
Siamo ancora in tempo perché la rotta sia corretta. Ci vorrà non solo pazienza civile ma anche impegno, determinazione e autenticamente libera e democratica da parte di tutti. Per questo lanciamo un invito aperto a una iniziativa civile nazionale per la libertà dell’informazione, per il racconto non mutilato della vita del Paese, per la circolazione e la ripresa del valore del confronto delle idee di tutti, per evitare derive pericolose in un confronto sociale che dovesse anche solo essere percepito come campagna permanente di rendiconti vendicativi.

di Franco Siddi da Articolo21

Vigilia di scomuniche? Il Vaticano censura 41 preti e religiosi firmatari dell’appello di MicroMega per la libertà di cura

Un’intimidazione con pochi precedenti quella appena avviata dal Vaticano contro 41 preti e religiosi che poco più di cinque mesi fa firmarono un appello “per la libertà sul fine-vita” promosso dalla rivista MicroMega dopo la morte di Eluana Englaro e durante la discussione al Senato del disegno di legge sul testamento biologico, poi approvato lo scorso 26 marzo.
Ad agosto – riferiscono ad Adista fonti vaticane – sarebbe infatti partita dalla Congregazione per la Dottrina della Fede una lettera indirizzata ai vescovi diocesani e ai superiori provinciali dei 41 preti e religiosi contenente un ordine preciso: convocare i sacerdoti per richiamarli all’ordine ed eventualmente punirli. La libertà di pensiero e di espressione, secondo la Santa Sede, la colpa dei firmatari che avrebbero dato la loro adesione ad un testo giudicato contrario alla dottrina cattolica, dal momento che ammette la possibilità di rifiutare alimentazione e idratazione. L’aggravante è che il testo è stato pubblicato su MicroMega, cioè una rivista in ritenuta in Vaticano laicista ed anticlericale. Il direttore del mensile, Paolo Flores D’Arcais, interpellato da Adista, reagisce così alla notizia dell’iniziativa vaticana: “Questa ennesima intimidazione contro la coscienza che a parole viene ritenuta sacra fa parte di uno smaccato scambio simoniaco tra la Chiesa e Berlusconi: anti-testamento biologico subito da una parte, ammorbidimento delle polemiche sui comportamenti pagani di Berlusconi dall’altra”.

“La legge sul testamento biologico che il governo e la maggioranza si apprestano a votare imprigiona la libertà di tutti i protagonisti coinvolti al momento supremo della morte”, si legge nell’appello ancora online sul sito internet di MicroMega. “Definendo il nutrimento e l’idratazione forzati come cura ordinaria e obbligata e non più come intervento terapeutico straordinario, la legge annulla ogni possibilità di valutazione sull’accanimento terapeutico”. Prosegue il testo: “La morte è un appuntamento naturale a cui tutti siamo chiamati; per i credenti poi è il vertice della vita vissuta, la soglia che introduce all’eternità. La decisione di porre fine ad una parvenza di esistenza è di pertinenza esclusiva della persona interessata che ha il diritto di esporla preventivamente in un testamento, oppure alla famiglia di concerto con il medico che agisce in scienza e coscienza. Con la forza della ragione e la serenità della fede ci opponiamo ad un intervento legislativo che mortifichi la libertà di coscienza informata e responsabile in nome di principi che non sono di competenza dello Stato e tanto meno di un governo o di un Parlamento che agiscono in modo ideologico sull’onda emotiva e la strumentalizzazione di una dolorosa vicenda (Eluana Englaro). Come credenti riteniamo che chiunque come è stato libero di vivere la propria vita, così possa decidere anche di morire in pace, quando non c’è speranza di migliorare le proprie condizioni di esistenza umana”.

A firmare il documento, don Paolo Farinella, don Vitaliano della Sala, don Enzo Mazzi, don Raffaele Garofalo, p. Fausto Marinetti, don Andrea Tanda, don Ferdinando Sudati, don Adolfo Percelsi, don Giovanni Marco Gerbaldo, don Pierantonio Monteccucco, don Chino Piraccini, don Marcello Marbetta, p. Tiziano Donini, don Aldo Antonelli, don Roberto Fiorini, don Luigi Consonni, don Angelo Cassano, don Renzo Fanfani, don Nicola De Blasio, don Guglielmo Sanucci, p. Benito Maria Fusco, p. Pierangelo Marchi, don Paolo Tornambè, don Carlo Sansonetti, don Franco Brescia, don Carlo Carlevaris, p. Nino Fasullo, don Andrea Gallo, don Angelo Bertucci, don Alessandro Santoro, don Giorgio De Capitani, don Francesco Capponi, don Alessandro Raccagni, don Salvatore Corso, don Riccardo Betto, don Albino Bizzotto, don Sandro Artioli; inoltre dom Giovanni Franzoni, don Franco Barbero e p. Gino Barsella, già dimessi dallo stato clericale (fra i firmatari ci sarebbe stato anche don Goffredo Crema che però, a metà agosto, ha scritto alla redazione di Micromega per ritirare la propria adesione).

L’iniziativa della Santa Sede nei confronti non di un singolo prete, ma di un intero gruppo rimanda a tempi lontani: restando all’Italia, alla battaglia referendaria per il divorzio del 1974 quando furono molti i preti schierati pubblicamente per il “No” a subire la sospensione a divinis (tra questi anche Giovanni Franzoni); oppure al 1989, quando vennero in vario modo puniti gran parte dei 63 teologi che firmarono una “Lettera ai cristiani” a favore di una attuazione più decisa del Concilio Vaticano II (insieme a don Vittorio Cristelli, direttore del settimanale diocesano Vita trentina che, solo per il fatto di aver pubblicato quella lettera, venne licenziato in tronco).

Le lettere della Congregazione per la Dottrina della Fede sono in viaggio. Si tratterà di vedere nei prossimi giorni come i vescovi e i superiori provinciali decideranno di intervenire sui preti e sui religiosi che si trovano sotto la loro giurisdizione.

di Luca Kocci, da www.adista.it da MicroMega

Ancora aggressione fascista ai compagni dei Carc a Massa

CALCIO, MASSA: INDOSSA T-SHIRT COMUNISTA, AGGREDITO ALLO STADIO

Un giovane comunista è stato costretto a togliersi la t-shirt con falce e martello che indossava ed è stato aggredito a calci e pugni, insieme ad altri tre compagni, durante il derby Massese-Sporting Massese (ex Romagnano), valido per la fase regionale della Coppa Italia di Eccellenza, da un gruppo di tifosi della Massese, riuniti nell'associazione 'Legione Cibea' ritenuta vicina alla destra. E' accaduto ieri pomeriggio allo stadio di Massa e l'episodio è stato riferito oggi da esponenti della Associazione solidarietà proletaria e dei Carc di Massa. "Il giovane non ha voluto sporgere denuncia ai carabinieri per paura di ripercussioni", hanno spiegato.
(31/08/2009) (Spr)

http://sport.repubblica.it/news/sport/calcio-massa-indossa-t-shirt-comunista-aggredito-allo-stadio/3710753